17 febbraio 2019
Sesta Domenica dopo l’Epifania

Tra i tantissimi poveri e bisognosi di aiuto al tempo di Gesù, i lebbrosi erano certamente i più sfortunati.
Non solo per la gravità della malattia ma anche e soprattutto per la loro esclusione dalla convivenza civile e sociale: dovevano essere emarginati, dovevano segnalare la loro presenza in modo che i sani si allontanassero… e la religione ne aveva fatto degli “impuri”. L’impuro non poteva nemmeno rivolgersi a Dio.

Gesù si ferma e dialoga con questi dieci lebbrosi, e così già rompe le preesistenti barriere: la persona viene prima di tutto, prima di ogni regola e legge. Loro lo chiamano “maestro”, come solo i discepoli chiamano normalmente Gesù. La potenza divina ha agito in tutti e dieci, ma solo questo straniero samaritano, tornando da Gesù, riconosce la relazione preziosa nella quale la sua vita è cambiata. Gesù infatti interpreta il suo gesto come “fede”. È importante questo, perché si vede bene come la fede è innanzitutto un’esperienza, un incontro.
La fede dunque, è un evento! La salvezza/guarigione del samaritano non sta solo nell’essere stato purificato dalla lebbra, ma nella nuova relazione con Gesù che questo evento ha generato in lui.

p. Luca

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