LA CATECHESI DI INIZIAZIONE CRISTIANA

Premessa

La figura fondamentale del divenire cristiani ci è restituita dalla prima generazione
credente e la ritroviamo espressa nella sequenza esemplare di At 2,37-41:

“All’udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: “Che cosa dobbiamo fare, fratelli?”. E Pietro disse: “Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo… Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone”.
La sequenza presenta i grandi passaggi del divenire credenti: ascolto della Parola, conversione, fede, battesimo e dono dello Spirito.

Questo dinamismo iniziale si è presto configurato, nella chiesa antica, nell’istituzione pedagogica del catecumenato. Il catecumenato risponde appunto a una intenzionalità precisa (cristiani non si nasce, si diventa) che diventa istituzione, con alcuni riferimenti stabili (la Parola, i segni, gli impegni di vita cristiana) e con una sua flessibilità dovuta al variare delle situazioni storiche della comunità cristiana.

Il recupero dell’ispirazione catecumenale è stato compiuto dalla Chiesa Italiana passando dai catechismi della dottrina cristiana ai catechismi per la vita cristiana e per l’iniziazione
cristiana.
I catechismi e la catechesi sono pensati come momento qualificante di un processo diiniziazione cristiana, definito cammino di fede in prospettiva comunitaria-catecumenale, rispettoso della pedagogia della “Traditio-redditio”, volto a sostenere gli itinerari di iniziazione sacramentale e di sviluppo mistagogico.

L’intenzione guida del progetto dei 4 catechismi CEI è chiaramente espressa dalla Nota che li presenta:
“Per iniziazione cristiana si può intendere il processo globale attraverso il quale si diventa cristiani. Si tratta di un cammino diffuso nel tempo e scandito dall’ascolto della Parola, dalla celebrazione e dalla testimonianza dei discepoli del Signore, attraverso il quale il credente compie un apprendistato globale della vita cristiana e si impegna a una scelta di fede e a vivere da figlio di Dio, ed è assimilato, con il Battesimo, la Confermazione e l’Eucaristia, al mistero pasquale di Cristo nella Chiesa” .

La ricchezza presente nell’attuale prassi della nostra chiesa sta nell’intenzione di superare il modello scolastico, facendo della catechesi un momento del processo,, all’interno del quale sono recuperati i riti, la comunità, gli impegni, le consegne e le riconsegne, propri del modello catecumenale.

Questo recupero nella sua ispirazione profonda va in due direzioni, come scrive la Nota pastorale della CEI circa gli Orientamenti per l’iniziazione cristiana dai fanciulli e dei ragazzi dai 7 a i 14 anni ::

– Per i bambini, in minoranza ma in numero destinato a crescere, che non sono stati battezzati, intraprendendo un vero e proprio catecumenato, che li aiuti ad essere cristiani prima di diventarlo, in perfetta linea con il catecumenato antico. L’itinerario che qui si propone si potrà ben adattare, con le opportune modifiche, all’inserimento in questi gruppi anche di bambini che non sono ancora battezzati.

– Per coloro che sono battezzati da bambini (ancora la maggioranza schiacciante) il progetto catechistico propone una iniziazione che potrebbe essere così espressa: si è cristiani per nascita, per caso, per amore, eventualmente per fede (la fede dei genitori) e bisogna diventarlo anche storicamente, con la volontà di scegliere e ratificare ciò che le circostanze o la tradizione familiare hanno permesso .

I problemi dell’attuale prassi di iniziazione dei bambini

L’esperienza pastorale ci pone oggi di fronte ad un problema di fondo (teologico) e che è
l’inadeguatezza dell’itinerario di iniziazione cristiana rispetto ad alcuni punti chiave:

– Rispetto alla sequenza sollecitata come esemplare dal Nuovo Testamento (ascolto della parola, conversione, fede, battesimo), visto che la maggioranza riceve il battesimo prima di una fede esplicita.

– Rispetto all’unità dell’iniziazione cristiana secondo la tradizione antica e all’ordine dei sacramenti dell’iniziazione: battesimo, unzione ed eucaristia, come vertice della vita cristiana. Motivi storici e culturali spiegano questa duplice anomalia. I 3 sacramenti sono un solo sacramento: l’incontro con il Signore Risorto, tramite i segni sacramentali, nel grembo della madre chiesa. Il battesimo è il sacramento della fede e l’eucaristia il culmine dell’iniziazione e dell’appartenenza ecclesiale. Quando motivi di carattere culturale e pedagogico prevalgono nelle scelte pastorali si deve perlomeno essere coscienti che la forma adottata è provvisoria e perfettibile.

– Rispetto alla condizione dei soggetti. C’è per tutti la stessa proposta, mentre le situazioni culturali, di fede, di maturazione umana sono estremamente variegate.

Accanto a queste problematiche ne segnaliamo altre due, più a carattere pastorale:

– La prima è relativa al fatto che l’iniziazione cristiana dovrebbe condurre alla maturità della personalità cristiana e invece si risolve nella maggioranza dei casi nell’abbandono della partecipazione alla vita della comunità;

– La seconda, che in qualche modo spiega la prima, è quella che è stata definita come il “depotenziamento dei riti di passaggio” tradizionali. Se in passato il passaggio alla vita adulta avveniva abbastanza presto e in maniera veloce (ed era efficacemente segnalato dai riti di passaggio religiosi), oggi il passaggio che conclude la preadolescenza non solo non costituisce un passaggio a fasi adulte di vita, ma non introduce nemmeno come compito quello di diventare adulti. Introduce a un periodo molto lungo (altrettanto quanto la vita già vissuta) di ridefinizione continua dell’identità. I veri passaggi avverranno molto più avanti, nella vita adulta, e là i soggetti non troveranno nessuna comunità cristiana che si interessa a loro e nessun rito attraverso il quale questi nuovi inizi, decisivi, vengano celebrati .

Da questi elementi siamo giunti alla considerazione di un necessario e indispensabile cammino tessuto su alcune coordinate che la tradizione della chiesa ha fatto proprie e che sono insite nell’atto stesso del credere.

I. La pedagogia della traditio

Lungo tutta la tradizione, partendo dalla testimonianza biblica, la comunità ecclesiale ha messo a punto e mai abbandonato un processo di annuncio e di accoglienza della fede che ha espresso nel dinamismo della traditio, receptio e redditio.

– Traditio. La fede suppone un atto preveniente di Dio, che precede l’uomo sulle strade del suo desiderio. La fede nessuno se la può dare. E’ dono e suppone una comunità che se ne faccia portatrice e mediatrice.
La prima faccia del credere è una “passività”, come disponibilità ad accogliere ciò che gratuitamente viene offerto.
Il termine “traditio” può trarre in inganno: fa pensare, nel linguaggio comune, a usanze che si conservano e si riproducono senza cambiare nulla. Di fatto il contenuto dell’atto del trasmettere è un messaggio sempre nuovo, una buona notizia, una parola che fa vivere .

– Receptio. La fede suppone l’accoglienza libera, l’interiorizzazione di quanto viene offerto. Il termine “receptio” è la faccia attiva della passività della fede. Richiama un ricevimento e quindi una festa. L’accoglienza della Buona Novella suppone un atteggiamento attivo. Ognuno accoglie a modo suo con tutto ciò che è, con la sua storia, mentalità, lingua, cultura.

Redditio. La redditio è la fecondità della fede. Evoca la “restituzione”, la necessità di rispondere all’appello di Dio attraverso una fede che opera nella carità. E’ la fede che prende volto nel celebrare, nel testimoniare, nel servire.

C’è una vigilanza, dunque, da avere nella trasmissione della fede perché senza cura dell’interiorità non c’è fede. La catechesi come momento di cura della fede resta uno specifico irrinunciabile:

“La catechesi non esaurisce l’iniziazione cristiana anche se ne costituisce il momento centrale e fondamentale di cui ogni itinerario di iniziazione non può fare a meno” .

Va superata la prassi che considera in modo rigido e preordinato il cammino di fede dei fanciulli e dei ragazzi, inserendolo dentro uno schema collaudato e omogeneo per tutti. Ogni soggetto e ogni gruppo di soggetti domandano un percorso adeguato alle loro caratteristiche e alla loro storia.

La comunità cristiana si propone come una casa (una famiglia) dove ognuno possa trovare una catechesi ospitale che si pone in ascolto della sua storia. Infatti l’insufficienza del modello “catechismo” e il contesto pluralistico nel quale ci troviamo, comporta anche questo: ripensare dei processi mobili, personalizzati.

Questo è possibile se i genitori, il catechista e anche il padrino svolgono, dentro una relazione personalizzata, il compito della paternità spirituale. I bambini e i ragazzi incontrano la fede e la comunità ecclesiale attraverso i tratti concreti delle persone che vogliono loro bene e che si prendono a carico la loro storia e la loro educazione alla fede.

II. Osare la differenza

Quello che non può essere discusso è che nel campo della fede, ciò che è decisivo è la qualità delle relazioni. La fede è un fatto relazionale, una libertà che precede e suscita la risposta di un’altra libertà e questo dentro una storia concreta di relazioni tra fratelli e sorelle. Questa duplice dimensione relazionale della fede, di un Dio che si autocomunica e che si lascia incontrare dentro una comunità, specifica la fede cristiana e di conseguenza l’itinerario di iniziazione ad essa.

Ogni educatore sa che tutto è strumentale all’incontro dei soggetti con il Signore Gesù e all’accoglienza della relazione con lui dentro relazioni filiali e fraterne. Strumentali sono i percorsi, strumentali i contenuti, strumentali, in un certo senso, i sacramenti stessi.
Il termine “strumentale” va inteso in questo senso: non sono essi (catechismi, contenuti, sacramenti, percorsi e ritmi) il fine dell’atto catechistico, ma sono invece gli spazi che rendono possibile il fine: l’atto, il contenuto e la professione di fede come adesione consapevole al Signore Gesù. La prova del nove di un itinerario di fede riuscito non è il raggiungimento di determinate prestazioni, ma la nascita di una relazione, il suo approfondimento, la sua continua purificazione, la sua maturazione. A tale scopo, riteniamo importante la formazione delle catechiste e abbiamo optato per un itinerario formativo in grado di sostenere le catechiste affinché sia potenziata la relazione della catechista con la famiglia e delle catechiste tra di loro. Tale itinerario si sviluppa in due moduli: il primo l’anno precedente l’avvio del progetto, il secondo in itinere del progetto stesso.

Questa proposta di cammino di iniziazione cristiana riprende l’articolazione della dinamica della fede secondo i quattro passaggi pedagogici dei catechismi, rivisitandoli opportunamente.

1. L’ascolto del bambino e della sua famiglia

Accogliere i bambini che vengono accompagnati dai genitori per l’iniziazione cristiana significa innanzitutto interrogarsi sulla loro situazione e sulle reali esigenze, umane e spirituali di cui sono portatori, in una parola l’accoglienza del bambino non è reale se non c’è l’accoglienza e l’ascolto della famiglia e di genitori.

Il primo impegno e punto di riferimento non sarà dunque soltanto il catechismo e la sua conoscenza insieme al progetto pastorale che lo deve sostenere, ma sono loro, i tanti bambini e bambine che arricchiscono la vita della nostra comunità cristiana.
Per realizzare questa accoglienza è fondamentale l’atteggiamento dei catechisti, come dice la Nota per l’accoglienza dei Catechismi CEI:

(…)In questo campo, come in ogni altro della catechesi, emerge con forza l’atteggiamento fondamentale del catechista educatore: egli deve mettersi con umiltà in ascolto del mondo dei fanciulli e ragazzi e camminare insieme scoprendo giorno per giorno i segni di Dio che opera nella vita dei piccoli, rispondendo alle loro concrete attese e domande.
Fanciulli e ragazzi hanno un loro proprio modo di essere uomini e credenti, di vivere e confessare la loro fede. Hanno doni originali per arricchire la comunità umana ed ecclesiale. Senza infantilizzare il messaggio cristiano, la liturgia e l’esperienza comunitaria-ecclesiale, la comunità cristiana degli adulti deve preoccuparsi di offrire una proposta educativa tale da suscitare interessamento da parte dei fanciulli e ragazzi e un’appropriata comprensione della parola di Dio, capace di favorire un incontro con il Signore e una celebrazione della salvezza secondo le proprie capacità, attenta a proporre originali iniziative di fraternità ed esperienze comunitarie rispondenti all’età e nello stesso tempo aperte all’inserimento sempre più ampio nella comunità ecclesiale degli adulti.
È del resto un fattore specifico del cammino di iniziazione cristiana, quello di camminare insieme al soggetto rendendolo protagonista in prima persona della crescita nella fede e della celebrazione sacramentale.” .

Il primo passo per un cammino di fede dunque è l’ascolto dei soggetti, del loro mondo, delle loro domande. L’ascolto non è mai staccato dall’annuncio: è fare strada insieme.
Qualcuno pensa che annunciare sia anzitutto parlare. E’ invece molto più l’arte di ascoltare. Il fanciullo, il ragazzo, che mi sta davanti è un mondo da accogliere e da rispettare: è un parola di Dio rivolta a me.
Ascoltare è far esprimere, cioè dare parola a chi spesso non l’ha, trovare il modo di mettere il bambino a suo agio perché liberi le sue parole, quelle di superficie e quelle più profonde, nelle quali rivela il suo mondo, le sue attese, le sue paure.

L’ascolto significa l’ascolto dello Spirito che opera nei bambini. E’ illuminante a questo proposito il riferimento della Nota CEI, salvo il fatto che sia rivolto a bambini e ragazzi che non hanno ancora ricevuto il Battesimo:

“Proprio perché guidati dallo Spirito, i fanciulli e i ragazzi non sono soggetti passivi. L’azione dello Spirito si esprime infatti nello sviluppare la loro soggettività, nel renderli protagonisti del loro itinerario (…). L’itinerario dell’iniziazione cristiana si sviluppa in ogni momento in forma dialogica fra Cristo e gli iniziandi, sotto l’azione dello Spirito. nel predisporre gli itinerari ci si dovrà preoccupare che essi rispettino, favoriscano e sviluppino sempre più intensamente il dialogo tra gli iniziandi e Cristo, fino a diventare “corpo di Cristo” .

Quando i bambini entrano nell’8° anno di età cominciano la partecipazione a gruppi omogenei, numericamente molto contenuti (8-10), accompagnati da una catechista che l’anno precedente ha seguito il lavoro con i genitori e con il parroco.

2. La narrazione della Parola

L’incontro con la Parola è decisivo per amare il Signore: dall’ascolto, infatti, scaturisce la fede. Nell’itinerario di catechesi si tratterà di attivare l’annuncio della Parola anche attraverso la narrazione, il racconto, la paziente ricostruzione dei processi storici e la comunicazione di esperienze significative della Parola stessa. Spesso la nostra azione educativa risulta perfino ridondante come spiegazione, argomentazione… ma ben poco efficace quanto a capacità di evocazione.

Forse la nostra vita è così povera di narrazione e così ricca di informazioni perché le esperienze che facciamo sono piuttosto superficiali sul piano del significato umano. Lo dimostra il fatto che, appena diventiamo protagonisti di una esperienza forte e intensa, subito ci trasformiamo in attori di un racconto. Il racconto entusiasta dei bambini che hanno partecipato alle settimane bibliche diocesane o ad altri momenti significativi, ci conferma in questo impegno.

La narrazione dunque, come strategia educativa, per rimettere al centro la vita e ridurre la forza seduttiva dello spettacolo. E’ stato osservato che la narrazione è anche una forma di ‘ospitalità’: c’è nell’atto stesso del raccontare un’esigenza di accoglienza, un desiderio di reciprocità, così il bambino può conoscere il Volto, la presenza che si lascia incontrare. In quel volto del Signore Gesù nasce una relazione, quella dei figli di Dio.

“La finalità dell’annuncio non è tanto di trasmettere nozioni e regole di comportamento, ma di contribuire a portare il catecumeno a: un incontro con Cristo vivo (…) un incontro con una comunità, la Chiesa (…) la scoperta che egli stesso fa parte della storia di salvezza” .

3. La celebrazione

La prassi originaria e costante dei primi secoli della Chiesa, di cui esiste la continuità anche per i bambini in Oriente e degli adulti in Occidente, attesta che la Cresima è il secondo sacramento dell’iniziazione: la Costituzione Apostolica di Paolo VI Divinae consortium naturae, le premesse rituali e il rito ripetono costantemente che la Cresima non solo presuppone il Battesimo, ma di esso è sviluppo, rafforzamento, completamento.

Proprio perché compimento del Battesimo, la Cresima orienta e dispone all’Eucaristia. Non si potrà più intendere semplicemente come “prima comunione”, ma come primo ingresso nell’assemblea eucaristica, che è epifania della chiesa, e come celebrazione dell’intero mistero di Cristo e della chiesa. L’assemblea eucaristica si fonda sull’unità fondamentale acquistata nel Battesimo e con la molteplicità dei ruoli e dei doni per l’azione dello Spirito, espressa nella Cresima.

“Per l’azione dello Spirito, la cui particolare effusione si ha appunto nella Cresima, è possibile l’esercizio del sacerdozio battesimale, l’offerta della propria vita unita a quella del Cristo, e la partecipazione ai frutti del convito eucaristico. D’altra parte il soggetto celebrante dell’Eucaristia è l’intera assemblea alla quale il cresimato è pienamente incorporato” .

Infatti, se l’iniziazione cristiana deve introdurre nella Chiesa, essa raggiunge il suo scopo quando introduce il soggetto nell’Eucaristia, sacramento che edifica la Chiesa. In questa luce, anche il Battesimo e la Confermazione vanno letti nel loro orientamento all’Eucaristia: essi realizzano quella “rinascita dall’acqua e dallo Spirito santo”, necessaria perché il candidato possa accedere all’Eucaristia e, così, partecipare pienamente alla vita della Chiesa.
Nella fedeltà a quanto sempre espresso e confermato sia dalla Tradizione che dal
Magistero, Paolo VI° scriveva:

Nel Battesimo i neofiti ricevono il perdono dei peccati, l’adozione a figli di Dio nonché il carattere di Cristo, per cui vengono aggregati alla Chiesa e diventano, inizialmente, partecipi del sacerdozio del loro Salvatore. Con il sacramento della Confermazione, coloro che sono rinati nel Battesimo, ricevono il dono ineffabile, lo Spirito Santo stesso, per cui sono arricchiti di una forza speciale, e, segnati dal carattere del medesimo sacramento, sono collegati più perfettamente alla Chiesa mentre sono più strettamente obbligati a diffondere e a difendere, con la parola e con l’opera, la loro fede, come autentici testimoni di Cristo. Infine la Confermazione è talmente collegata con la sacra Eucaristia che i fedeli, già segnati dal santo Battesimo e dalla Confermazione, sono inseriti in maniera piena nel Corpo di Cristo mediante la partecipazione all’Eucaristia” .

4. La mistagogia

Nella Chiesa antica non si parlava del Battesimo e dell’Eucaristia se non a coloro che erano già stati battezzati e che avevano celebrato l’Eucaristia. I nuovi credenti, nel caso degli adulti, trascorrevano tutta la settimana dopo Pasqua a meditare sui misteri celebrati. Questa usanza aveva un nome caratteristico, la ‘mistagogia’. Termine che designa il movimento progressivo verso il mistero, ovvero la dinamica spirituale che comincia dal principio e che si fa in seguito memoria o ripresa di ciò che si è vissuto.

Si tratta dunque di realizzare fino in fondo la dinamica dell’iniziazione. Indubbiamente essa va dal Battesimo, attraverso la Confermazione all’Eucaristia. Ma questo percorso non è che la figura istituzionale di un movimento ben più ampio, che porta fino alla fine dei tempi, attraverso la memoria fedele della vita quotidiana.

La mistagogia si attiva attraverso la catechesi in una prospettiva storico-salvifica ed ecclesiale, che conduce i ragazzi a scoprire il disegno di Dio come dono di comunione e di amicizia verso tutti gli uomini, da accogliere con libero atto di fiducia sull’esempio di Gesù; come progetto alla cui realizzazione sono chiamati a collaborare con la forza dello Spirito Santo; come realtà da manifestare e da vivere partecipando alla vita e alla missione della Chiesa (Quarto anno). L’impegno della vita nuova nato dall’incontro il Signore Gesù è la restituzione nella vita quotidiana di quanto per grazia si è diventati.

L’esperienza di fede viene vissuta come testimonianza e servizio, nel gruppo, per uno sviluppo della coscienza ecclesiale.
Il quarto anno di catechesi si qualifica come anno mistagogico con la ripresa della catechesi della Confermazione e dell’Eucaristia.

III. Articolazione del cammino

Avvertiamo come in un progetto di cammino di fede la Comunità cristiana sia chiamata in
causa non solo per pensare ed elaborare l’articolazione dello stesso, ma soprattutto per
una conversione profonda delle sue abitudini e consuetudini in una attenzione missionaria
che la espone alla costante ricerca di favorire le nuove generazioni all’incontro col
Signore.

1. Il coinvolgimento dei genitori

Il gruppo di lavoro costituito dal parroco, dal coadiutore e dalle responsabili della catechesi e da alcune catechiste ha elaborato nell’anno 2000 questo progetto di iniziazione cristiana della Parrocchia, opportunamente rivisitato in seguito alla Sperimentazione diocesana avviata dal card. Tettamanzi.

Perché il percorso possa avere una sua significativa incidenza prevediamo che il coinvolgimento dei genitori debba partire circa un anno prima l’inizio del cammino dei loro figli, coinvolgimento che permette a noi la conoscenza dell’esperienza religiosa che i bambini hanno condotto in famiglia e favorisce un lavoro d’insieme –sacerdoti, catechiste, genitori.

Invitiamo i genitori ad iniziare il ‘percorso narrativo’ alcuni mesi prima dell’iscrizione dei loro figli alla catechesi dell’iniziazione, attraverso suggerimenti, tracce e materiale idoneo che viene predisposto e con loro verificato con un incontro mensile.Quando i bambini entrano nel 7° anno di età: i genitori vengono invitati con una lettera del parroco ad un incontro che illustra il progetto.

Ai genitori durante l’itinerario dei bambini, vengono proposte occasioni formative, nell’intento di coinvolgerli nella narrazione di alcuni momenti forti dell’anno liturgico:

narrare il Natale di Gesù, raccontare la Pasqua di Gesù… Nonché attraverso incontri (3 o 4 per ogni anno) durante tutti e quattro gli anni con la catechista e il parroco per monitorare costantemente il cammino dei bambini e per offrire uno spazio ai genitori di confronto e di dialogo sulle sfide della fede nel nostro tempo.

2. Lo stile dell’accompagnamento

In secondo luogo il dinamismo della fede si fa pedagogia e la pedagogia della traditio postula uno stile di accompagnamento.
Dovremo fare in modo che la comunità tutta, in quanto madre e maestra, possa essere coinvolta nel cammino di fede dei bambini.

I modi concreti si articolano dall’accoglienza delle famiglie e dall’apporto di catechiste preparate, alla testimonianza stessa di vita cristiana, perché al di là delle singole iniziative crediamo che la vita della comunità è l’ambiente vitale entro cui l’iniziazione può svolgersi con frutto.

Il Consiglio Pastorale Parrocchiale il 30 ottobre 2000 ha approvato il progetto apportando i propri suggerimenti, e si è impegnato a seguire e a verificare l’andamento della proposta di catechesi , tenendo conto dell’importanza del superamento del tradizionale modello scolastico dell’incontro catechistico, per favorire un’esperienza globale che investa tutta la vita del bambino nelle sue varie dimensioni e offrire una ricchezza di possibilità educative.

Ogni comunità parrocchiale è chiamata a farsi un proprio progetto pastorale che includa gli itinerari di catechesi dentro un più vasto e articolato impegno educativo globale verso i fanciulli e ragazzi, soprattutto in quel periodo decisivo per la loro crescita umana, cristiana ed ecclesiale che è l’iniziazione cristiana. .

L’accompagnamento della comunità si esprime attraverso alcuni momenti ed occasioni proposte ai bambini e alle loro famiglie per avviare un graduale inserimento nella vita della comunità. In particolare:

a. Durante il primo anno nello stesso orario in cui tutti gli altri ragazzi e adulti partecipano all’Eucaristia domenicale (delle ore 10), ma in un luogo separato (cappellina) attiguo alla chiesa, i bambini vengono accompagnati dalle catechiste alla conoscenza dei segni, dei luoghi e dei momenti della celebrazione.

b. Durante il secondo anno dopo la lettura del Vangelo dell’Eucaristia domenicale (delle ore 10), in un luogo separato, i bambini vengono aiutati da una catechista alla lettura del Vangelo domenicale e alla sua comprensione.
c. Per tutto il tempo della catechesi prima che inizi l’incontro (mezz’ora prima) ai bambini, che in genere sono appena usciti da scuola, viene offerta la possibilità di fare merenda insieme in oratorio con la presenza delle catechiste.

d. Altri momenti importanti di conoscenza, amicizia e di introduzione alla comunità sono l’Oratorio feriale nella seconda metà del mese di giugno e la possibilità di vacanze insieme durante il mese di luglio.

3. I contenuti

I contenuti di riferimento sono ben identificati nei catechismi CEI.
Ai bambini viene annunciato il mistero centrale della nostra fede: la morte e la risurrezione di Cristo come la rivelazione piena dell’amore di Dio e come apertura alla fiducia dei figli che sanno di essere chiamati per nome e amati da Dio.

La catechesi coniuga le diverse dimensioni esperienziale, biblico-narrativa, ecclesiale-liturgica e morale e conduce i bambini a scoprire i segni della presenza di Dio, Creatore e Padre, l’incontro e la testimonianza di Gesù risorto: la sua parola, la sua vita, la sua morte e risurrezione, il dono del suo Spirito, la sua presenza nella Chiesa e nella comunità, il suo comandamento nuovo dell’amore, il suo perdono, la promessa del suo ritorno (Primi due anni di catechesi).

A metà del terzo anno di catechesi i bambini si accostano al sacramento della Riconciliazione.

Ai bambini viene offerta una proposta di discepolato secondo una linea evangelica- ecclesiale-liturgica con una lettura-narrazione quasi continuata del Vangelo introducendoli alla comprensione e accoglienza dei segni di comunione e di salvezza di Dio con noi: la Chiesa, i sacramenti, i dieci comandamenti e il comandamento dell’amore, il compimento nella vita eterna.

Al centro della proposta di fede è l’incontro con Gesù che invita i bambini a seguirlo come discepoli nella comunità cristiana, per riconoscerlo nella fede come il Maestro e il Salvatore, entrare in comunione con lui nella Parola e nei sacramenti, imparare a vivere e ad amare come lui, come evento da celebrare nel sacramento della Cresima momento di grazia e di conferma della scelta battesimale e di matura partecipazione all’Eucaristia (Terzo anno di catechesi).

Durante il terzo anno di catechesi, nel tempo pasquale, si celebrano i due sacramenti dell’iniziazione Cresima ed Eucaristia:

“La meta ultima verso cui tende l’azione dei catechisti ed educatori è disporre i fanciulli e ragazzi a fare del mistero eucaristico la fonte e il culmine della loro esistenza cristiana” .

Si eviteranno tuttavia passaggi “automatici” alla celebrazione: la catechista, verificherà insieme ai genitori e al parroco il momento più opportuno per ogni singolo gruppo, in riferimento al cammino di maturazione (scrutinio).

4. Il/la catechista

Ruolo importante e decisivo è quello del/la catechista che è chiamato/a fin dall’inizio ad affiancare il lavoro di accompagnamento che il parroco compie con i genitori dei bambini candidati alla Cresima e all’Eucaristia.

Infatti, chiamato/a ad accompagnare i bambini nel processo di iniziazione si offrirà come colui-colei che facilita, aiuta e sostiene la traditio della fede, in stretta collaborazione con i genitori e incontrandoli periodicamente.

Si possono vedere i bambini come gli eredi di questo tesoro che è la fede cristiana, e come eredi riconoscere ad essi una dignità importante, dove con ciascuno (e ciascuna famiglia) il/la catechista saprà stabilire un rapporto, prima ancora che con il gruppo. Ai bambini viene concessa, attraverso la mediazione del/la catechista, una prima embrionale esperienza di paternità-maternità spirituale, se è vero che il cristianesimo non è semplicemente una dottrina, ma una vita in Dio, in Cristo per mezzo dello Spirito santo e ad essa occorre pertanto essere iniziati, introdotti.

Per compiere questo dovrà avere alcuni requisiti: una persona che ha fatto esperienza dell’amicizia e della misericordia di Dio; non occorre essere dotti o intellettuali: ci sono persone semplici che hanno raggiunto una profonda intelligenza del cuore.Una persona che sa ascoltare: le esperienze dei bambini, i loro desideri e le loro
domande. Una capacità che deriva dal riconoscere in loro non solo dei contenitori da colmare, ma persone ricche di una dignità che è chiamata a portare frutto.

Una persona che trasmette la vita, e per trasmetterla deve averla in sé: saprà unire in sé forza e tenerezza, fermezza e dolcezza insieme, senza lasciarsi guidare rigidamente da schemi precostituiti, ma obbedendo allo Spirito santo nell’incontrare le diverse situazione dei bambini.

Una persona capace di affiancare la crescita umana del bambino/a riconoscendo le tappe evolutive e le relazioni attraverso le dinamiche che si vengono a stabilire nel gruppo.

Una persona di intercessione: capace di pregare per chi le viene affidato per conoscere sempre più secondo Dio. Ella accoglie i bambini nel mistero della loro unicità e della loro vocazione. Con l’intercessione appare in tutta evidenza che la paternità-maternità esercitata dal/la catechista non è che rimando a Dio da cui “ogni paternità prende nome”
(Ef 3,15).

5. Il padrino – la madrina

Il padrino e la madrina sarebbe meglio venissero scelti all’inizio del cammino di
catechesi… ed essere come si auspica i medesimi del Battesimo.

“Il ruolo primario di accompagnamento compete alla comunità cristiana e ai genitori. Ma, insieme, va sottolineato il compito determinante del catechista e, se inteso nel suo vero significato, del padrino. È il ruolo dell’accompagnamento, come espressione di una paternità spirituale. Al catechista, in particolare, spetta il compito specifico e delicato di trasmettere la fede e di educare alla totalità della vita cristiana. Da qui un’ulteriore esigenza di una sua formazione qualificata e di un sostegno costante da parte della comunità” .

6. Il percorso

In sintesi il cammino di fede segue questo calendario

1 anno 7 aa. Incontri dei genitori con il parroco e le catechiste
2-3 anno 8-9 aa. I bambini compiono il cammino nel gruppo.
4 anno 10 aa. Verso febbraio i bambini celebrano il sacramento della Prima
Riconciliazione, nel periodo quaresimale vivono due celebrazioni – il rito di ammissione e il rinnovo della promesse battesimali, nel periodo di Pasqua i sacramenti della Cresima e dell’ Eucaristia.
5 anno 11 aa. Tempo della ‘mistagogia’.