19  aprile 2020
Seconda Domenica dopo Pasqua

La Parola di oggi ci fa incontrare con l’apostolo Tommaso che incarna la fatica di credere e la gioia di riconoscere Gesù. Il Tommaso che incontriamo oggi è lo stesso che aveva chiesto a Gesù come potevano conoscere la via, e Gesù gli aveva risposto: «Io sono la via, la verità e la vita…» (Gv 14,6).

Tommaso da una parte è l’uomo coraggioso che non ha paura di uscire dal Cenacolo dove era rinchiuso con gli altri apostoli per timore dei Giudei, per “vedere che aria tira”, quali reazioni ci sono state nel popolo e nei capi del popolo alla notizia della risurrezione di Gesù; dall’altra è l’uomo del dubbio, non perché dubita di Gesù ma perché fa fatica ad entrare pienamente nel disegno di Dio che per Gesù aveva permesso la morte e aveva favorito la vita

Tommaso ci dice: la fede è un dono, è una certezza, è una conferma, ma è anche un impegno, è fatica. Tommaso oggi mi dice e ci dice: non abituarti a credere ma vivi sempre con gioia e slancio la tua vita di fede. Non c’è nulla di più deleterio per un credente che abituarsi a credere. L’abitudine genera la ripetizione e la ripetizione stanca e annoia; la fede genera la novità, e la novità affascina e attrae. Quando la fede diventa un momento normale credetemi siamo sulla strada sbagliata, la fede è e rimane qualcosa di straordinario pur collocandosi nel cammino quotidiano e ordinario della vita.

p. Luca

Credere non è essere migliori degli altri…

Rendici sale, Signore,
per rendere gustoso il mondo.
Rendici luce, Signore,
per illuminare ogni angolo buio.
Basta poco sale per dare un buon sapore;
poca luce può bastare
per sciogliere le tenebre più oscure.
Insegnaci a credere, Signore,
che non serve essere i migliori o i più grandi.
Per far risplendere nel mondo il tuo amore
basta essere, in semplicità e povertà,
sale buono e luce intensa. Amen.

Dalla Lettera Pastorale dell’Arcivescovo Mario

«La speranza e la gioia che vengono dalla risurrezione del Signore accompagnino il tempo pasquale. C’è una tristezza diffusa che siamo mandati a consolare. Molti nostri contemporanei forse non attendono una consolazione, trovano fastidioso sentire le campane che suonano a festa, sono increduli di fronte a gente che canta l’Alleluia. Eppure noi cantiamo ed esultiamo e diciamo a tutti: abbiamo una buona notizia anche per voi. Viviamo la Pasqua nella letizia che viene da Dio».

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