11 Febbraio 2024

ULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA – del perdono

Il fariseo sta in piedi, nella posizione di chi è sicuro di sé… forse troppo sicuro… crede con superba convinzione di non dovere cambiare in nulla perché in lui tutto è giusto. Il pubblicano si ferma a distanza, non alza gli occhi e si batte il petto, riconosce che la sua umanità è ferita e forse ha anche ferito e vuole cambiare. S. Agostino direbbe: il fariseo era vicino ma lontano da Dio, lo allontanava la superbia; il pubblicano era lontano ma vicino, lo teneva lontano il rimorso, ma lo avvicinava la fede. Maria lo ha cantato nel suo Magnificat: il Signore innalza gli umili e abbassa i superbi. Questa parabola ci chiede di operare un serio cambiamento, un radicale rinnovamento: dalla presunzione di innalzarci generata dalla superbia del mio io, al coraggio e all’umiltà di abbassarci. Il «difetto» del fariseo non è l’ipocrisia, ma il riporre la fiducia unicamente in se stesso. La sua preghiera è un monologo, non permette a Dio di dire la sua, di parlargli, di entrare nel suo cuore… La preghiera del pubblicano non è un monologo ma un dialogo; egli non parla a se stesso ma a Dio.

p.Luca

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